L'AI aiuta a scegliere i candidati?
L'uso dell'intelligenza artificiale nei processi di reclutamento sta suscitando un crescente interesse, soprattutto nelle grandi aziende. Promettendo efficienza, rapidità e obiettività, questi algoritmi dovrebbero facilitare la selezione dei profili più adatti a posizioni spesso molto ambite. Ma questa tecnologia è davvero all'altezza delle sue promesse?Sempre più aziende affidano all'IA compiti tradizionalmente riservati ai reclutatori: preselezione dei CV, analisi delle lettere di presentazione o valutazione delle competenze durante i colloqui virtuali. Grazie a complessi modelli statistici, i software selezionano e classificano le candidature, riducendo così i tempi e i costi di reclutamento. Per molti responsabili delle risorse umane, questo è un innegabile aumento della produttività.Tuttavia, l'oggettività tanto decantata è oggetto di dibattito. Alcuni algoritmi, addestrati sulla base di dati storici, riproducono involontariamente pregiudizi già presenti all'interno dell'azienda. “Quando un modello si basa su criteri che favoriscono un tipo di percorso o di profilo, rischia di escludere candidati competenti”, sottolinea Marine Dupont, consulente in risorse umane a Parigi. Inoltre, il funzionamento di questi sistemi rimane oscuro, rendendo difficile contestare una decisione ritenuta ingiusta o discriminatoria.Nonostante queste riserve, il futuro del reclutamento sembra essere inseparabile dall'IA. Per limitare gli abusi, gli esperti raccomandano un uso complementare: l'uomo conserva un ruolo chiave nella valutazione finale, mentre l'IA affianca i reclutatori nella fase iniziale di selezione. Una cosa è certa: se l'IA può accelerare il processo e ridurre alcune forme di soggettività, non sostituirà presto la sensibilità e il discernimento umani, indispensabili per individuare i talenti più promettenti.