Paz Vega, racconto la violenza domestica dagli occhi dei bambini
L'attrice debutta da regista con Rita, ad Alice nella città
Raccontare la violenza domestica con gli occhi di due bambini, che non assistono, ma ne sentono i rumori, ne percepiscono la minaccia costante, pur riuscendo a vivere grazie alla madre, finché possibile, la serenità della loro infanzia. È quanto mette in scena Paz Vega, al suo esordio come regista con Rita, che debutta in Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma, dove l'attrice ha ricevuto insieme a Matilda de Angelis gli Womenlands Excellence Award assegnati alle eccellenze femminili, italiane e internazionali. Con una carriera di oltre 25 anni, dall'intenso Lucía y el sexo (2001) di Julio Medem (per cui vince il premio Goya), al successo in commedia negli Usa con Spanglish, da Parla con lei e Gli amanti passeggeri di Pedro Almodovar alla heist series di Netflix Caleidoscopio, Paz Vega spiega di "avere sempre avuto il desiderio di fare anche la regista, ma ho fatto questo passo solo quando mi sono sentita pronta. Anche perché non ho studiato cinema, ho iniziato a recitare a 16 anni, ho imparato tutto sui set". La storia che qui mette in scena è ambientata nella Siviglia del 1984. Al centro del racconto ci sono Rita (Sofía Allepuz) e Lolo (Alejandro Escamilla), fratello e sorella di 7 e 5 anni, che appartengono a una famiglia della classe operaia. Rita sogna di andare al mare, ma a decidere è solo il padre tassista (Roberto Alamo), che sfoga sempre più spesso le sue frustrazioni sulla moglie Mari (Paz Vega). I bambini, fra giochi nella piscina pubblica e visite allo zoo, percepiscono sempre più l'inquietudine che prende l'intera famiglia. "Più di 20 anni fa ho fatto un altro film in cui si parlava di violenza domestica - aggiunge l'attrice -. E per prepararmi al ruolo ho visitato dei rifugi dove ho conosciuto donne che avevano subito cose terrificanti. Per me è stato uno shock ed ho capito come di quel tema si parlasse troppo poco". Così "per il mio debutto alla regia ho deciso di affrontare proprio quest'argomento, ma cambiando il punto di vista, raccontando quello dei bambini, che sono le altre vittime in queste storie". L'elemento più impressionante "è come queste violenze siano ancora oggi tutti i giorni sulle pagine dei giornali. E quello che non capisco è perché anche nelle campagne di sensibilizzazione ci si rivolga solo alle donne. È agli uomini che bisogna rivolgersi, per evitare che arrivino a quelle violenze, deve cambiare la cultura".
R.Mehmood--DT