Fibrosi cistica, in Italia 1 su 30 è portatore sano
Cresce la necessità di un test accessibile a potenziali genitori
In Italia una persona su 30 è portatrice sana di fibrosi cistica, e una coppia su 900 ha una probabilità del 25% di avere un figlio affetto da questa patologia. La piena accessibilità a un programma di screening per una genitorialità consapevole è uno degli obiettivi del progetto triennale "1 su 30 e non lo sai" di Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica Ets, che ha organizzato una serata di sensibilizzazione a Roma con numerosi referenti istituzionali per fare il punto sulla situazione del test del portatore. Malattia genetica e multiorgano, la fibrosi cistica si deve alla mutazione del gene Cftr (Cystic fibrosis transmembrane conductance regulator). Il Servizio sanitario nazionale oggi offre il test soltanto a persone considerate ad alto rischio per familiarità, e a coppie impegnate in percorsi di procreazione assistita. Il test del portatore, che con un prelievo di sangue può identificare fino a 9 portatori su 10, costituirebbe un'opportunità per scelte riproduttive informate per i potenziali genitori. "Chi sa cos'è la fibrosi cistica non può che sostenere questa campagna che colma un vuoto informativo, ancora prima che sociale: conoscere per decidere", dichiara Matteo Marzotto, presidente Ffc Ricerca. "Dal 2020 Fondazione ha investito oltre 300mila euro nel progetto '1 su 30 e non lo sai' per aumentare la consapevolezza sulla malattia e sull'esistenza del test del portatore sano, e per un Health Technology Assessment sulla fattibilità di una erogazione organizzata del test da parte del Ssn". Le istituzioni sono fortemente interessate alla tematica. Modelli sperimentali di screening erano già previsti in un emendamento alla Legge di bilancio 2024, seguito da due Ordini del giorno in Senato e un'interrogazione parlamentare. In Veneto con il pagamento del ticket il test è offerto alla popolazione generale, e la Lombardia punta a una campagna di sensibilizzazione per i prossimi anni. "Molto è già stato fatto, ma rimangono ancora non pochi malati che non possono usufruire delle terapie più avanzate, e dobbiamo ancora arrivare a una cura definitiva", afferma Carlo Castellani, direttore scientifico Ffc Ricerca.
W.Zhang--DT